LA PANDEMIA SI POTEVA EVITARE

‘La pandemia si poteva evitare’, recita il report pubblicato da una commissione di 13 esperti indipendenti incaricata dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità, visibile qui. Secondo questo rapporto l’’OMS, la Cina e tutti gli stati avanzati hanno contribuito non poco alla diffusione e alle conseguenze anche economiche, causate dall’epidemia globale.

Su editorialeildomani.it troviamo il commento di Francesco Zambon, il ricercatore dissidente e dimissionario dall’OMS proprio per aver denunciato le omissioni e la censura operata sulla sua relazione sulle modalità di gestione della pandemia. “Il rapporto dà delle fantastiche randellate all’OMS. Sono felicissimo” dichiara “a partire dal titolo “COVID-19: Make it the Last Pandemic”, che rispecchia perfettamente il messaggio del mio lavoro: le epidemie ci saranno sempre, sta a noi evitare se saranno catastrofiche o meno”. Mentre le previsioni economiche per il 2021per l'Italia prospettano una crescita già quest’anno.

E si chiude, con il crisma della massima istituzione sanitaria del pianeta, una pagina storta di questo mondo con l’impegno, però, che, la prossima volta, andrà tutto bene.

 

 

SUICIDIO E COVID

” Non abbiamo riscontrato un aumento dei tassi di suicidio in Inghilterra nei mesi successivi all'inizio del primo blocco nazionale nel 2020, nonostante le prove di maggiore angoscia. Tuttavia, si applicano una serie di avvertenze. Queste sono le prime cifre e potrebbero cambiare. Qualsiasi effetto della pandemia può variare in base al gruppo di popolazione o all'area geografica. L'uso di RTS in questo modo è nuovo ed è necessario un ulteriore sviluppo prima che possa fornire dati nazionali completi.”

 

Questo report pubblicato su Lancet nell’aprile 2021 e visibile qui, va commentato. Le rivelazioni sulle dinamiche psicologiche della posizione del sofferente mentale di fronte alla morte ancor più quando viene rappresentata in continuazione in tutti i modi possibili . La posizione ‘ideologica’ del suicida traballa alquanto: i posti migliori del suo parterre affettivo sono stati occupati, d’imperio, dalla morte rappresentata, non discussa o ragionata: bare, ospedali, reparti intasati, pietose storie di malati e infermieri distrutti. Un ventaglio depressivo, insopportabile in ambiti ben compensati ci si immagina che facciano precipitare situazioni già in bilico, invece no.

Se si escludono casi clamorosi, come quello del ministro delle finanze dell’Assia, che, si dice, non abbia retto alla paventata crisi economica che la pandemia avrebbe portato in termini di suicidi che si potrebbero supporre in una situazione come la pandemia e il suo portato patologico psico-sociale.

Chi è affezionato al tema della morte sembra abbia trovato esauditi, nella situazione attuale, gli aspetti inconsci tanatomani del suo vivere. Dico inconsci perché è mia convinzione che chi vuole farla finita con la vita e i suoi affanni non sia cosciente nel momento dell’acting. Questa convinzione è stata rafforzata dalla risposta di Nadia, una donna miracolosamente sopravvissuta a una defenestrazione dal 4° piano quando le domandai “Perché lo ha fatto? “Non lo so” mi rispose, un po’ smarrita. Un mancato suicidio. L’istinto di conservazione si palesa in molteplici situazioni nelle quotidiane attività umane, ma soprattutto nei momenti di malattia; un’epidemia che colpisce l’intero pianeta fa assumere una serie di comportamenti protettivi, anche quelli imposti, che evocano quel pensiero, ‘devo evitare la morte per asfissia’. Ma perché? Non è diversa, ci insegna la medicina legale, da un annegamento, da uno schiacciamento toracico o da un’impiccagione? o da un avvelenamento. Non è, a mio avviso, una questione ‘tecnica’. Il clima che si è vissuto nelle fasi più gravi e il modo in cui è stata rappresentata la morte sono riusciti a ‘occupare i posti davanti’ nel parterre del depresso con tendenze autolesive o del ciclotimico. O dell’isterico o delle (non poche) altre sindromi psichiatriche ad esito infausto.

La morte è il tema della malattia.. E tutti disegnano il proprio atteggiamento al comparire del tristo mietitore. La negazione è un luogo comune molto frequentato, con varie motivazioni, talune surrettizie, altre arroccate su posizioni tra il fake e l’immaginifico. Certo, è un confronto inevitabile. È arrivata. Può essere il tuo momento. Sei nel 16% per età, condizioni economiche, malattie concomitanti e…..le malattie concomitanti! Trascurate come d’uso e per sciatteria mentale, esse meritano, stavolta, una riflessione. La colpa, come sempre, torna come sentimento dominante: sigarette=morte. E questo si sapeva. Poi ci sono le mangiate, con bevute annesse. E vabbè, che ne abbiamo dalla vita? Forse vale la pena di riflettere su questo e mettere dei punti fermi, prima di trovarsi d’inverno in braghe di tela.

Pochi autori hanno fatto delle riflessioni su questo, tranne la rivista online Micro mega che ha ripreso un articolo postato sul blog Sidecar che affronta il tema della morte dal punto di vista lessicale, ma non sviluppa, a mio avviso, il tema[LMU3] . L’autore Marco D’Eramo parla di “scaramanzia” per spiegare il silenzio sulla morte, il tema con cui quotidianamente ci confrontiamo e che ha, per amore o per forza, cambiato il rapporto di ognuno con la morte. Stavolta è davvero improvvisa, inderogabile, definitiva. Ed è lì, non è mitologica come la si pensava da bambini o impossibile, a vent’anni. In TV è rappresentata, ma non raccontata. Non credo che sia per scaramanzia, con la quale è verosimile che il popolo italiano affronti questioni minori, ma non quelle centrali, cui viene dedicata un’area di riserbo. È vero invece che la morte, un destino comune e assolutamente privato, non si possa oggettivare. Una vita intera, con i suoi trionfi e le sue débâcle, donne, uomini e animali. E cose. Tutto si colora diversamente con l’ultimo viaggio.

È vero che ”la pandemia ha alterato il rapporto della nostra società con la morte.” come bene osserva D’Eramo su MicroMega, ma è proprio per l’universalità della questione che nessuno si esprime. C’è chi non aspetta altro; chi la vede lontana anche a 90 anni; chi si rende conto che non potrà mai guarirla. Per caduta, nascono riflessioni sulla vita. Con le conseguenze del caso. Ognuno potrebbe parlare per giorni su questi due soli temi, ognuno con punti di vista diversi: avendo tutti ragione. Una situazione a-dialettica difficile da sostenere in pubblico. Solo un intellettuale del calibro di Ernesto de Martino si permise di vincere il premio Viareggio nel 1958, a guerra finita da poco con il suo Morte e pianto rituale nel mondo antico, riscuotendo un inatteso successo anche di pubblico, come ci riferiscono le cronache dell’epoca.

 

Il potere deflagrante della morte ha effetti clamorosi nell’individuo, che può spingere il cordoglio fino a comportamenti autolesivi ma lo è ancor più per le società per intero, che troveranno un pensiero comune che supera tutte le barriere e che è condiviso. Su questo si rimodellerà il progetto di vita di ognuno con una rinnovata coscienza del valore dell’esistenza. Da qui l’elan vitale, detto da Henry Bergson, che prelude al cambiamento e “all’evoluzione universale”.

Il cambiamento atteso.

 

 

GUERRA BATTERIOLOGICA O TOSSICOLOGICA?

Ovvero

“Come, sul vaccino, si ridefinisce l’assetto geopolitico del mondo”

(Luca Muscarà)

Nel tempo l’uomo ha inventato tantissimi modi per sterminare l’avversario.  L­­addove lo stesso inventore Leonardo volle sospesa la realizzazione di armi da lui stesso create a causa della loro alta letalità , nella stessa epoca era abituale l’avvelenamento delle acque e del cibo, puntualmente proibite con editti e bolle spesso papali, che intervennero anche sui pogrom, frequenti nel medioevo.

Intorno al 1947 la contrapposizione politica, ideologica e militare che si era creata fra USA e l’allora URSS, le due potenze vincitrici della 2GM diede luogo alla guerra fredda, che si concluse con la caduta del muro di Berlino nel 1989. La caduta del muro non fermò le attività illecite, che hanno solo perso l’appeal degli anni ’70 del secolo scorso, quando la guerra fredda si articolava anche sulla compravendita di biotecnologie. E il possesso di virus o batteri era diventato molto importante, soprattutto per quei paesi che non si potevano permettere armi più sofisticate. E costose. Nel tempo le armi biologiche sono state via via proibite dalle convenzioni internazionali,  come quelle di Ginevra.

Questa volta nessun complotto

Il virus ce lo ha messo madre natura, il cinismo è tutto umano.

Ma anche l’intelligenza per gestire quel teatro mondiale in cui tutti sono gli attori principali - è questione di vita o di morte! - e sono rappresentate tutte le arti e i mestieri, che in un impeto calvinista chiedono, in tanto surreali e quanto demenziali consessi, pressoché quotidianamente non solo soldi, che stanno arrivando, ma di riaprire e tornare alla vita normale come se nulla fosse, scambiando un disastro epocale per un’annata andata male, con l’intento, non proprio malcelato, di dare il colpo finale all’economia, passando per la sanità, dando sfogo alla rabbia, ormai diventata sentimento comune che una certa fazione ritiene spendibile politicamente. Citazione inevitabile, La fine del mondo di Ernesto e Martino:. È così lunare associare la fine del mondo con la morte? Il fatto che ricorra nelle religioni di tutto il mondo è casuale o ha corrispondenza con la natura umana?

Si compete per il primato scientifico e tecnologico: chi sarà in grado di gestire i grandi numeri e la complessità, aprirà questa nuova era socio-economica, nella quale ci si rende conto che i numeri espressi in tutti gli ambitisono mille volte tanto la comune immaginazione. Bisognerà tener conto di minoranze schiaccianti, come le molte religiose. L’economia si muoverà su livelli di alta gamma. La prova data dal dal sistema nato sulla globalizzazione formato da merci e dati, scienziati e ipernomadi che, di concerto, con una velocità tipica dei nostri tempi, hanno prodotto una serie di vaccini (uno per ogni player) in miliardi di dosi, per tutto il mondo. Passato ai raggi X per l’occasione.

In questa gara, fatta di vaccini e alta finanza, la Cina, che si prepara a essere incoronata Prima potenza economica del mondo è stata tagliata fuori da questa ‘guerra’. “È vietato fare uso di farmaci prodotti fuori dal territorio nazionale” recita la laconica legge che esclude la Cina dagli aiuti occidentali e da un piano vaccinale per 1 miliardo e 200 milioni di persone. Oggi hanno detto che il loro vaccino è poco efficace. 

Al momento in cui scrivo, sul nostro pianeta siamo 7,858,078,146. Per visualizzare quanti sono 7 miliardi 800 milioni e passa, e come stiamo crescendo si può dare un’occhiata qui.

I brevetti, cioè le proprietà intellettuali, sono una scusa di grande successo per prendere tempo. Occupa infatti pensieri e parole su tutti i media disponibili per decidere, nel frattempo, chi può avere subito il vaccino e da chi.

Con i colpi bassi della Russia di Putin, fornitrice di vaccini a volontà alla Serbia, che si è affrettata a distribuire vaccini a scelta a chiunque ne faccia richiesta. Così si vanificano gli sforzi di quei quattro +--ù-ù-#¶ che cercano un equilibrio tra gli stati del mondo. Fatto sta, che un piano vaccinale opzione zero, come quello praticato da quelle parti, da alla Serbia un vantaggio psicologico notevole e il vantaggio temporale evidente perché possono tornare prima alle normali occupazioni.

La pandemia stravolge così le gerarchie sociali e politiche, e ne crea di nuove: ad esempio, quella dei neo miliardari. Di 1000 miliardi di USD è cresciuto il patrimonio personale di 10 persone nel mondo come ci racconta la rivista Forbes nel numero di aprile 2021. L’anno scorso a Pechino sono stati censiti 100 miliardari che l’hanno collocata al primo posto davanti a NewYork, che ne ha censiti solo 99.

In Italia il Presidente della Repubblica ha conferito l’incarico di presidente del consiglio a un economista, Mario Draghi, con il mandato di gestire i 209 miliardi UE e allocarli nelle strutture cruciali per la pandemia presente e futura. Poi dovrà affrontare, sempre con questi 209, la ricostruzione e la patologia economica e quindi sociale che si è venuta a creare. Farà questo, sotto lo sguardo occhiuto di un’opposizione che non ha capito da che parte stare, aumentando così l’incertezza. Uno stato allo sbando per un’epidemia è il luogo ideale in cui nascondersi. Finché non si viene scoperti. È accaduto così a chi sta nascosto per statuto, la spia. Gli illeciti di tipo ‘spionaggio industriale' non si sono mai fermati, ma, talora, sono stati scoperti, raramente clamorosamente come nel caso di queste due due spie russe che erano in combutta con un capitano della marina militare italiana per acquisire informazioni sull’attività delle forze NATO e sugli armamenti.   Chissà quante altre spie sono ORA attive e di cui non sapremo mai nulla. Un famoso autore di libri di spionaggio, Frederick Forsyth, autore di best seller sul tema e quindi conoscitore della materia, spiega in un’intervista su Repubblica il suo punto di vista su quella che altri autori hanno chiamato seconda guerra fredda. È riformata la gerarchia dei paesi, ridefinita in occasione della produzione di vaccini: quella che ne produce più di tutti è l’India (più di un miliardo l’anno): provvede per gran parte del pianeta. I paesi non produttori attendono, in fila, le forniture da parte di paesi amici. E così, sul vaccino, si ridefinisce l’assetto geopolitico del mondo.

Ma le gerarchie si ridefiniscono anche socialmente: chi ha diritto a vaccinarsi per prima? Dopo averci speculato per un anno, ecco che gli over 80 i più colpiti dall’epidemia e per questo universalmente riconosciuti come categoria da tutelare, sono scalzati da giornalisti, avvocati, giudici che, per tramite dei rispettivi ordini, rivendicano la priorità a vaccinarsi in quanto a contatto con il pubblico. Che dire allora degli attori o delle cassiere dei supermercati ?

La guerra tossicologica indica l'uso militare delle armi biologiche. È quella che stiamo vivendo adesso, col rimpallo delle responsabilità, per la produzione e distribuzione delle fiale, tra i detentori di brevetto, le case farmaceutiche e i governi. I governi. Si parla di un’assistenza, in termini di dosi di vaccino da destinare ai paesi più poveri del mondo. Segue elenco.

Occorre poi considerare e spiegare il motivo per cui l'Africa che ospita il 17% della popolazione mondiale, conta solo il 3-4% dei casi globali di COVID-19.

Le molte possibili spiegazioni a questo dato sono: le differenze nella struttura della popolazione, comorbidità, immunità SARS-CoV-2 cross-reattiva preesistente, composizione familiare, fattori dello stile di vita come mobilità e mescolanza della popolazione e l'efficacia variabile delle diverse strategie di risposta.

In buona sostanza, i poveri e i marginali hanno sofferto più di tutti per questa pandemia. Come sempre. E come sempre arriverà la carità – pelosa invero - del mondo intero, in particolare quella di Cina, Russia e USA, in ordine di apparizione sul ‘pianeta’ Africa. L’ aspetto positivo di questa ‘guerra’ è che ne beneficeranno i più poveri. Questa speculazione è diretta proprio a loro, che, a velocità veloce, si vedranno risucchiati in un sistema che offre cibo, cure, condizioni igieniche migliorate. Insomma un ambiente sanificato. E vaccinato.

Il nuovo colonialismo opera, infatti, per tramite dei vaccini. La Serbia nei Balcani ha potuto così usufruire a volontà dei vaccini forniti dalla Russia di Putin e ha potuto dare la possibilità a chiunque di vaccinarsi. Ha così le carte in regola per diventare egemone nella zona grazie alla disponibilità di vaccini. Si spiega così l’offerta di vaccini agli altri stati. I russi vaccinati erano 3,5 milioni il 15 marzo 2021. "Nessun altro Paese europeo ha finora vaccinato completamente tre milioni di persone. La Russia insieme a Cina, Usa, India e Israele è tra i primi cinque Paesi al mondo per numero di persone vaccinate", ha dichiarato Dmitriev, citato dalla Tass (ANSA) il 15 marzo 2021. Dato non verificabile, causa la censura in un paese governato da Putin, a indirizzo autocratico.

Cambierà qualcosa per i più poveri, questo è il proposito dei paesi ricchi. Che ci auguriamo facciano un buon prezzo per questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VACCINO

Il vaccino rappresenta la via di prevenzione alle infezioni più studiata ed evoluta della concezione medica attuale. Già Esiodo, nell’VIII sec, a. C., asserendo che Non c’è colpa né intervento del dio nella genesi delle malattie, poneva le basi della filosofia naturalistica e del concetto parassitario delle malattie. La concezione medica razionale, che deriva dalla filosofia di Esiodo, svincolava la medicina dalle speculazioni filosofiche; bisognerà però attendere il XIX secolo perché si imponga il concetto batteriologico, quando Koch identificò il bacillus anthracis causa dell’antrace e il mycobacterium tuberculosis agente infettivo della tubercolosi. Insieme a Louis Pasteur, Robert Koch fu il fondatore della microbiologia. Oggi, nonostante i paradossi ideologici di certa psichiatria che ricercava - e ancora c’è chi si ostina a farlo - il bacillo della schizofrenia, il famoso SCHIZOcocco, i microbiologi hanno identificato tutti o quasi gli agenti infettivi delle maggiori malattie, per le quali si ricerca l’antibiotico più efficace.

La novità nell’azione degli scienziati e delle case farmaceutiche nella risposta all’epidemia di COVID 19, è consistita nella, sconosciuta finora, rapidità dell’azione nella produrre un vaccino, anzi sei, con caratteristiche tali da essere prodotto in larga scala e diffuso in TUTTO il mondo.

Infatti, a un anno dalla prima diagnosi di COVID 19, avvenuto il 22 dicembre 2019, viene autorizzato, dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) l'immissione in commercio del vaccino anti COVID-19 Pfizer/BioNTech. Questa rapidità è stata possibile grazie a una modalità di raccolta dei dati­­, la rolling review, cioè la revisione continua delle osservazioni sulle reazioni avverse dei vaccini, seguendo i parametri dell’EMA che avviò questa metodica per il vaccino Sputnik V. Questo ha reso possibile studiare contemporaneamente più vaccini, validando i dati in tempo reale concentrando le 4 fasi degli studi farmaceutici,

·       Fase 0: farmacocinetica.

·       Fase I: sicurezza clinica.

·       Fase II: studio di efficacia.

·       Fase III: studio multicentrico.

Questa innovazione, resasi essenziale per il controllo di un’epidemia è stata possibile anche alle tecnologie acquisite negli ultimi anni, come calcolatori quantistici e centri unici per l'aggregamento dei big data: una prova del nove del meglio del meglio delle conoscenze tecnologiche e scientifiche raggiunte nel 2020

Malgrado i vaccini stimolino una risposta immunitaria differente a seconda della tipologia dei pazienti, siano anziani, immunocompromessi o portatori di più patologie, la vulgata ha già stilato una classifica dei ‘migliori’. Così nascono le fake news. Abbiamo tutti presente le disgrazie del vaccino di Astra Zeneca. E qui si è potuto vedere la genesi di una fake new: il sofisma fallace post hoc ergo propter hoc, dopo di ciò quindi a causa di ciò, viene imposto alle masse grazie alla denuncia di un decesso per presunto effetto collaterale della vaccinazione, occorso 18 giorni dopo questo e di un giovane morto invece poco dopo. Poi, nonostante le autopsie abbiano escluso il nesso di casualità diretta con la vaccinazione.

Una cricca di bulimici del denaro ne approfitta per sterminare l’umanità: questo è il pensiero di molti negazionisti.

Un vaccino è un’arma: chi ce l’ha e chi deve concederlo. Nascono intorno a questo, lotte tra i big che si spartiscono il mercato, di farmaci e dell’indotto sotto il rigido controllo di chi ha interesse a mantenere o spostare gli assetti geopolitici. Le gerarchie sociali e geopolitiche si giocano così sui vaccini.

Autorizzare uno stato a produrre un vaccino, proprio o altrui, significa un ingente quantità di soldi che piovono (è il caso di dirlo) sui vari attori della gestione della pandemia, dai governi alla logistica

 

I BREVETTI

Dai vaccini antipolio di Salk e di Sabin negli anni 60 del secolo scorso, il vaccino è considerato l’approdo tecnologico più moderno che conclude ogni epidemia, a cominciare da quella stagionale influenzale. Con il COVID19 la comunità scientifica e l’industria si è dovuta confrontare con un prodotto da fornire in centinaia di milioni di dosi per un mercato di quasi 8 miliardi di persone.

Vexata quaestio, quella della proprietà intellettuale di una cura vaccinica per una malattia di grande impegno delle risorse, mobili (…) e immobili, di media letalità ma grande diffusione. I brevetti dei vaccini patrimonio dell’umanità è, a mio avviso, uno slogan che potrebbe portare a gravi danni non solo sociali. Oggi una tecnica qualsiasi ha un nome e un cognome, grazie alla proprietà intellettuale. Nella fattispecie, concedere l’uso della tecnica per la ‘costruzione’ di un vaccino, determina, oltre ai milioni di dosi già vendute, un’assunzione di responsabilità per gli effetti collaterali noti ed eventuali. Su questo verte lo scontro tra commissione UE e case farmaceutiche. La vicenda è ben spiegata qui. Dopo aver letto questo irritante articolo, cambiano le considerazioni sugli eventi che hanno caratterizzato questo periodo. La denuncia dei parenti del presunto decesso per vaccino ha acceso i riflettori su Astra Zeneca e portate allo scoperto le sue pretese nella trattativa con la UE. Pretese non economiche ma di responsabilità giuridica per gli effetti collaterali noti. E quelli non noti o sporadici? La Commissione si era battuta per una liability (responsabilità) all’europea: lo Stato assume su di sé la responsabilità giuridica per gli effetti imprevedibili e imprevisti del vaccino, che sono possibili sia pure molto rari e la compagnia resta responsabile in caso di colpa o dolo. Qui, va detto, ha giocato un ruolo importante nella diffusione della notizia il mondo NO VAX, contro vax e co., che vigilano, per statuto, su tutte le incongruenze della gestione della salute pubblica.

 In tempi di pandemia se ne sono sentite di tutti i colori: il tema della morte come eventualità possibile ha sconvolto i programmi di ognuno e questo si è ripercosso sulle attività che, nel bene e nel male, ne hanno risentito.

Trovo un po’ inquietante che si parli dei guadagni di questo o di quello, o delle case farmaceutiche a fronte di 500 morti al giorno, blocco delle economie, relazioni sociali d’un tratto recise. Mi ostino a pensare che questa tregenda, piombata d’un tratto nella vita di tutti, non sia preferibile ai milioni che possa guadagnare chiunque abbia studiato, verificato, deciso di produrre e alla fine prodotto le milioni di dosi di un qualsiasi farmaco che ci liberi da questo incubo. Anche il pensiero diffuso che il solo possesso di UN brevetto (il famoso brevetto del vaccino) basti a produrre decine di milioni di dosi, d’emblée, senza pensare all’investimento in risorse umane altamente specializzate, logistica, mezzi, altri brevetti – che consentano la sopravvivenza di un’adeguata struttura, alle condizioni del committente.

I BREVETTI COME INVESTIMENTO

Come c’è da aspettarsi. il mondo globalizzato, specula sui brevetti:

25 MARZO 2021

In che modo Sony sta rinnovando il proprio portafoglio di brevetti per adattarsi a un business in rapida evoluzione

https://www.iam-media.com/

Un investimento che, oltre alle major, anche i ricchi del mondo fanno, associati nella National Association of Patent Practitioners https://www.napp.org/, associazione che guida, assiste e istruisce i professionisti dei brevetti nelle trattative con case farmaceutiche e non solo. Basti pensare i chip dei computer. Insomma, una professione come un’altra da cui dipende la produzione industriale di una tecnologia, quindi, dove va il mondo.

Dove va il mondo?






   

 

 

 


 

 

LA RICOSTRUZIONE

Com’è d’uso, l’Italia è il paese più colpito dalle calamità naturali, il più aiutato nei momenti difficili e, ovviamente, quello che affida l’incarico più gravoso a una figura di alto rango, la cui nomea non può lasciare indifferenti.

Così, il presidente della repubblica Mattarella ha convocato Mario Draghi, l’eccellenza economico finanziaria italiana, riconosciuta tale in Europa e nel mondo, a gestire l’era COVID: non solo la rinnovata emergenza sanitaria ma, e soprattutto, quella economica e sociale diretta conseguenza dell’epidemia. Tutti i partiti, tranne l’estrema destra e, individualmente, Onorevoli e Senatori di tutte le forze politiche e gli schieramenti, votano la fiducia al governo del presidente. Questa risoluzione ha evocato ogni sorta di commento, non solo nel Parlamento e prese di posizione ancorate ad antiche parole d’ordine, come a invecchiate ideologie ‘liberali’.

La sola ventilata ipotesi del successo di questa ipotesi di lavoro, dà luogo a una sottaciuta ma generale euforia, riscontrabile non solo nel tono delle interviste all’’uomo della strada’, ma anche nei talk show, sia nella struttura dei programmi sia nell’interpretazione dei conduttori. E nei mercati finanziari.

Fatto sta, che la maggioranza ottenuta da Draghi alla Camera è di 553 contro 56 contrari. Mentre al Senato è 262 contro 40.

Maggioranza bulgara, a detta dei detrattori.

Il ‘programma Draghi affronta quasi tutte le spine che tormentano da sempre l’Italia: il gap salariale di genere, quindi la formazione e la scelta famiglia-lavoro cui è costretta la donna, cosa che cambierà anche grazie ai 248 miliardi in 6 anni erogati dalla UE. Uno dei disegni che non può passare inosservato è la riduzione delle emissioni di CO2 fino a raggiungere lo 0 per il 2050.

In uno scenario del genere, popolo e classe dirigente, si producono in sperticamenti di ogni sorta, pro e contro.

Comincia, nei fatti, la ricostruzione dopo la crisi.

C’è chi considera Draghi come un ‘analgesico politico’: in una società abituata al lutto, abituata alla crisi, è facile che scivoli nel conformismo dell’adesione acritica a ogni cosa che venga espressa dal potere. Cosa possibile, quando tutti sono d’accordo su di una linea di condotta della crisi e la politica non propone un’alternativa coerente. Perciò, la critica dei politici all’operato dei ‘tecnici’ si risolve in un commento formale, in genere occhiuto e vano. Siamo appena all’inizio della fine dell’epidemia – numeri alla mano – e tutti sono pronti all’uscita dalla crisi: cosa ci aspetta? Da aborrire è che ci si adagi nella rete di protezione imposta dalla pandemia: l’obbligo del lavoro da casa, un tempo appannaggio dei manager è un privilegio? Un obbligo dettato dalle circostanze? Va regolamentato a livello europeo, come quasi tutto quello che concerne la sicurezza della salute.

Emergono i migliori. Fa parte del normale avvicendamento del personale nei servizi pubblici e no, oppure la crisi della politica non permette più interferenze? O fa parte della guarigione?

Si vedrà finché dura.

La gestione della guarigione da un’epidemia, consiste nella gestione di un’umanità che guarisce. Questa è la realtà della terza ondata di contagi (che molti considerano una ‘coda’ della seconda).

 

PSICOLOGIA DELLA GUARIGIONE

Per Paul Claude Racamier, psichiatra e psicanalista francese, la crisi psicologica è vissuta come una distruzione interna, un sentimento di fine e di morte ed è seguita, nella maggior parte dei casi, quando evolve verso la risoluzione, da un sentimento di rinascita. Il processo di crisi rende la personalità più fluida e dà una possibilità maturativa (Racamier, 1985; 2010). 

Ad ogni crisi, non solo quelle primariamente psicologiche o psichiatriche, segue un rinnovato amore per la vita, l’elan vitale rifiorisce, dopo l’appannamento a tonalità depressiva dovuto allo squilibrio della malattia. Nel caso della pandemia, il fatto che coinvolga tutti, non solo i malati o chi ha perduto il lavoro, comporta che la risposta sia collettiva, come ben esposto nelle cronache post pandemiche dell’Italia del XIV sec., i cui figli, in senso ‘anagrafico’, realizzarono il Rinascimento. Si cita la 2°Guerra Mondiale, con esplicito riferimento al boom economico degli anni che seguirono, come esempio della quasi innata capacità di resilienza del popolo italiano. Più che innata direi comune e naturale, ammesso e non concesso che la resilienza possa essere manipolata a piacere.

Si vedrà se la parola resilienza è stata usata come sinonimo di resistenza o effettivamente le risorse di un popolo perseguitato sono universali e trascendono il tempo.

 

 

 

IL VACCINO

 

Il vaccino rappresenta la via di prevenzione alle infezioni più studiata ed evoluta della concezione medica attuale. Già Esiodo, nell’VIII sec, a. C., asserendo che Non c’è colpa né intervento del dio nella genesi delle malattie, poneva le basi della filosofia naturalistica e del concetto parassitario delle malattie. La concezione medica razionale, che deriva dalla filosofia di Esiodo, svincolava la medicina dalle speculazioni filosofiche; bisognerà però attendere il XIX secolo perché si imponga il concetto batteriologico, quando Koch identificò il bacillus anthracis causa dell’antrace e il mycobacterium tuberculosis agente infettivo della tubercolosi. Insieme a Louis Pasteur, Koch fu il fondatore della microbiologia. Oggi, con i paradossi ideologici della psichiatria, sono identificati tutti o quasi gli agenti infettivi delle maggiori malattie, per le quali si ricerca l’antibiotico più efficace.

La novità nell’azione degli scienziati e delle case farmaceutiche nella risposta all’epidemia di COVID 19, è consistita nella, sconosciuta finora, rapidità dell’azione nella produrre un vaccino, anzi sei, con caratteristiche tali da essere prodotto in larga scala e diffusa in TUTTO il mondo.

Infatti, a un anno dalla prima diagnosi di COVID 19, il 22 dicembre 2019, viene autorizzato, dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) l'immissione in commercio del vaccino anti COVID-19 Pfizer/BioNTech. Questa rapidità è stata possibile grazie a una modalità di raccolta dei dati­­, la rolling review, cioè la revisione continua delle osservazioni sulle reazioni avverse dei vaccini, seguendo i parametri dell’EMA che avviò questa metodica per il vaccino Sputnik V. Questo ha reso possibile studiare contemporaneamente più vaccini, validando i dati in tempo reale concentrando le 4 fasi degli studi farmaceutici,

·       Fase 0: farmacocinetica.

·       Fase I: sicurezza clinica.

·       Fase II: studio di efficacia.

·       Fase III: studio multicentrico.

Questa innovazione, resasi essenziale per il controllo di un’epidemia è stata possibile anche alle tecnologie acquisite negli ultimi anni, come calcolatori quantistici e centri unici per l'aggregamento dei big data: una prova del nove del meglio del meglio delle conoscenze tecnologiche e scientifiche raggiunte nel 2020.

 

Malgrado i vaccini stimolino una risposta immunitaria differente a seconda della tipologia dei pazienti, siano anziani, immunocompromessi o portatori di più patologie, la vulgata ha già stilato una classifica dei ‘migliori’. Così nascono le fake news. Abbiamo tutti presente le disgrazie del vaccino di Astra Zeneca. E qui si è potuto vedere la genesi di una fake new: il sofisma fallace post hoc ergo propter hoc, dopo di ciò quindi a causa di ciò, viene imposto alle masse grazie alla denuncia di un decesso per presunto effetto collaterale della vaccinazione, occorso 18 giorni dopo questo e di un giovane morto invece poco dopo. Poi, nonostante le autopsie abbiano escluso il nesso di casualità diretta con la vaccinazione.

Una cricca di bulimici del denaro ne approfitta per sterminare l’umanità: questo è il pensiero di molti negazionisti.

Un vaccino è un’arma: chi ce l’ha e chi deve concederlo. Nascono intorno a questo, lotte tra i big che si spartiscono il mercato, di farmaci e dell’indotto sotto il rigido controllo di chi ha interesse a mantenere o spostare gli assetti geopolitici. Le gerarchie sociali e geopolitiche si giocano così sui vaccini.

Autorizzare uno stato a produrre un vaccino, proprio o altrui, significa un ingente quantità di soldi che piovono (è il caso di dirlo) sui vari attori della gestione della pandemia, dai governi alla logistica. 

I BREVETTI

Dai vaccini antipolio di Salk e di Sabin negli anni 60 del secolo scorso, il vaccino è considerato l’approdo tecnologico più moderno che conclude ogni epidemia, a cominciare da quella stagionale influenzale. Con il COVID19 la comunità scientifica e l’industria si è dovuta confrontare con un prodotto da fornire in centinaia di milioni di dosi per un mercato di quasi 8 miliardi di persone.

Vexata quaestio, quella della proprietà intellettuale di una cura vaccinica per una malattia di grande impegno delle risorse, mobili (…) e immobili, di media letalità ma grande diffusione. I brevetti dei vaccini patrimonio dell’umanità è, a mio avviso, uno slogan che potrebbe portare a gravi danni non solo sociali. Oggi una tecnica qualsiasi ha un nome e un cognome, grazie alla proprietà intellettuale. Nella fattispecie, concedere l’uso della tecnica per la ‘costruzione’ di un vaccino, determina, oltre ai milioni di dosi già vendute, un’assunzione di responsabilità per gli effetti collaterali noti ed eventuali. Su questo verte lo scontro tra commissione UE e case farmaceutiche. La vicenda è ben spiegata qui. Dopo aver letto questo irritante articolo, cambiano le considerazioni sugli eventi che hanno caratterizzato questo periodo. La denuncia dei parenti del presunto decesso per vaccino ha acceso i riflettori su Astra Zeneca e portate allo scoperto le sue pretese nella trattativa con la UE. Pretese non economiche ma di responsabilità giuridica per gli effetti collaterali noti. E quelli non noti o sporadici? La Commissione si era battuta per una liability (responsabilità) all’europea: lo Stato assume su di sé la responsabilità giuridica per gli effetti imprevedibili e imprevisti del vaccino, che sono possibili sia pure molto rari e la compagnia resta responsabile in caso di colpa o dolo. Qui, va detto, ha giocato un ruolo importante nella diffusione della notizia il mondo NO VAX, contro vax e co., che vigilano, per statuto, su tutte le incongruenze della gestione della salute pubblica.

In tempi di pandemia se ne sono sentite di tutti i colori: il tema della morte come eventualità possibile ha sconvolto i programmi di ognuno e questo si è ripercosso sulle attività che, nel bene e nel male, ne hanno risentito.

Trovo un po’ inquietante che si parli dei guadagni di questo o di quello, o delle case farmaceutiche a fronte di 500 morti al giorno, blocco delle economie, relazioni sociali d’un tratto recise. Mi ostino a pensare che questa tregenda, piombata d’un tratto nella vita di tutti, non sia preferibile ai milioni che possa guadagnare chiunque abbia studiato, verificato, deciso di produrre e alla fine prodotto le milioni di dosi di un qualsiasi farmaco che ci liberi da questo incubo. Anche il pensiero diffuso che il solo possesso di UN brevetto (il famoso brevetto del vaccino) basti a produrre decine di milioni di dosi, d’emblée, senza pensare all’investimento in risorse umane altamente specializzate, logistica, mezzi, altri brevetti – che consentano la sopravvivenza di un’adeguata struttura, alle condizioni del committente

 

 

 

FONTI

LA SECONDA ONDATA

Dei delitti e delle pene

 

Di fatto, la prima ondata, nonostante fosse quantomeno ‘sospettata’ a seguito dei primi casi di polmonite da probabile causa virale in Cina, già ci aveva calato nell’asfittico clima dell’epidemia incontrollata, con la morte come sentire comune e a cui nessuno si può sottrarre, soprattutto dopo la dichiarazione dell’OMS, pochi giorni dopo il rilevamento dei primi due casi in Italia. E poi, le puntuali vesti stracciate per le ‘falle’ nell’organizzazione sanitaria, nella logistica dei primi aiuti economici. E, successivamente, dei secondi.

 

Tutte le pandemie si sono propagate a ondate, per quanto variabili e imprevedibili, ma sembra che nessuno se lo aspettasse: la seconda ondata invece era attesa da qualcuno fin dal 17 marzo 2020, e per di più in autunno. E infatti è arrivata, in autunno e con tutte le grandi problematiche irrisolte extra epidemiche ed extra sanitarie. Politiche.

Se poi si tratta di gestire 222 MLD €, in parte a fondo perduto, per adeguamento sanitario, rilancio economico, protezione fasce più deboli, diventano ancora più politiche; perché? Clientele. Sostanzialmente per questo motivo è partita una guerra faziosa senza quartiere con lo scopo, più o meno malcelato, di sedersi al tavolo dei 222.

Questo non stupisce ed è anche previsto nello stesso piano di cui sopra, che infatti, l’unico piano pandemico nazionale reperibile online, datato probabilmente 2006 e che ’in teoria’ potrebbe essere valido per ogni pandemia, ci ricorda che:

“Le pandemie si verificano a intervalli di tempo imprevedibili, e, negli ultimi 100 anni, si sono verificate nel 1918 (Spagnola, virus A, sottotipo H1N1), 1957 (Asiatica, virus A, sottotipo H2N2) e 1968 (Hong Kong, virus A, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti.”

 

E che:

Una pandemia influenzale costituisce una minaccia per la sicurezza dello Stato: il coordinamento condiviso fra Stato e Regioni e la gestione coordinata costituiscono garanzia di armonizzazione delle misure con quelle che, raccomandate dall’OMS, verranno intraprese da altri Paesi. Inoltre, considerando le ricadute che un rischio sanitario determina sui diversi settori della vita sociale, le misure sanitarie del Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale vanno armonizzate con quelle intraprese da altri soggetti istituzionali non sanitari.

 Questo quadro di insieme valeva per l’influenza di 15 anni fa e, per estensione (…), si può ritenere valida anche per la pandemia di COVID19, anche se le indagini della Procura di Bergamo e condotte dalla guardia di finanza, sulla mancata chiusura del PS di Alzano Lombardo, sta indagando anche sull’idoneità del piano del 2006 alle mutate priorità della pandemia in corso.

La mia opinione è che fatte salve le verifiche in corso, vadano verificati, nel dettaglio, i piani attuativi per ogni struttura sanitaria territoriale, articolato per le variabili comuni alle pandemie finora occorse. Sembra che non sia stata emanata alcuna disposizione per i presidi sanitari: dalle mansioni degli operatori sanitari all’isolamento fisico delle zone più colpite, allo stoccaggio di camici e mascherine e DPI in numero adeguato.

La crisi sociale che si è determinata per l’improvviso e massiccio numero di disoccupati, è stata affrontata così, a briglia sciolta, valutando le soluzioni congegnate volta per volta. Così pure è stata affrontata la crisi sanitaria: pur vantando soluzioni ‘creative’ per fronteggiare carenze strutturali e mediche, e contando sull’abnegazione del personale ospedaliero, d’un tratto, ci si è resi conto che per ogni letto fisico attrezzato per la terapia intensiva, sono necessari un adeguato numero di medici e infermieri formati, che non ci sono e che, non potendo aspettare la pandemia per lavorare, nel frattempo sono emigrati. Spesso, infine, chi è stato reclutato si è dimesso non appena saputo del reparto di assegnazione.

Vedremo adesso se si riuscirà a superare la cronica incapacità tutta italiana a gestire la normale amministrazione. Stavolta non si potrà dire: alla sanità mancano i fondi. Sono stati previsti 19,7 Mld € per la   sanità, e in questi ci sono senz’altro anche i fondi per l’assistenza territoriale, tanto decantata quanto irrealizzata.

Così, in meno di un anno, l’uomo, e molte donne, sono stati capaci di inventare 6 vaccini per il corona virus ma non di strutturare 6 mila posti per medici e infermieri. Nonostante, questa volta, medici e infermieri si siano materializzati.

Mentre fervono gli allestimenti per far fronte alla 2° ondata, alcune voci, dal fondo, parlano di 3° ondata. La 3° ondata è la coda della 2°, come questa una coda della 1°, hanno detto noti epidemiologi in TV. Quindi, anche questa pandemia durerà anni, anche se nel frattempo hanno inventato il vaccino anti COVID. Anzi tre. E un’altra decina in sperimentazione.

Con la seconda ondata epidemica si sono avverate le previsioni di febbraio: il personale nel servizio pubblico manca e quello che c’è si rifiuta di prestare servizio nei reparti COVID.

Tutto si è avverato, tranne la prima osservazione nel rapporto dell’agenzia di stampa cinese Xinhua, che dichiarò che "I ricercatori potrebbero impiegare anni a sviluppare farmaci e vaccini”.

Interessante è lo stato dell’arte pubblicato su Scientific American

La Corte dei Conti, alla fine di novembre 2020, ha ricordato che «nella gestione dell’emergenza la grande assente è stata la medicina del territorio, che avrebbe dovuto impedire il collasso degli ospedali».

Le visite domiciliari, da effettuare con le annunciate USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) e che avrebbero dovuto andare a integrare

Le USCA Unità Speciali di Continuità Assistenziale, istituite con l’art. 8 del D. L.  14/2020 prevedeva che fossero create entro il 20 marzo 2020 nella misura di un’unità ogni 50mila abitanti. Questa è la legge ed è un’altra gemma del non fatto: ll Ministero della salute, attraverso la circolare del 25/3/2020, espresse la “consapevolezza della necessità di iniziative immediate di carattere straordinario ed urgenti, soprattutto con riferimento alla necessità di realizzare una compiuta azione di previsione e prevenzione, monitoraggio e presa in carico, a livello territoriale, così da contribuire a una riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, sia al fine di contenere la diffusione del contagio, sia con funzione di filtro, necessario a frenare l’afflusso negli ospedali”. Le USCA, appunto. Al gennaio 2021 il sorgere di queste strutture è a macchie di leopardo e nelle migliori situazioni, non raggiunge le quote indicate. Non solo. Come ha ricordato nei giorni scorsi la Corte dei Conti «nella gestione dell’emergenza la grande assente è stata la medicina del territorio, che avrebbe dovuto impedire il collasso degli ospedali». Un delitto per cui non c’è pena: qui si esprime all’ennesima potenza il lassaiz faire unito a certa indolenza e sciatteria tipici di un modo di intendere la vita che non si modifica se non sotto la pressione dall’emergenza o di un controllo. Questo è uno dei delitti perpetrati nella seconda ondata ma istigati dalla prima.

Il virus è di destra o di sinistra? Dipende. Si esprime come forza delle opposizioni ma anche i governi che, promettendo sangue sudore e lacrime, si sono assicurati la continuità strumentalizzando l’epidemia.

Non mancano antecedenti di spessore:

Un generale cinese del XVI sec. trasse vantaggio dalla decadenza della dinastia Imperiale al potere. Nel 1910 sempre in Cina, scoppiarono le prime rivolte, fino al tradimento di Yuan Sghiai che forzò l’ultimo imperatore a rinunciare al trono (1912), mentre egli era eletto primo presidente della Repubblica.

Certamente, la mascherina è progressista, almeno, lo è diventata nelle maggiori competizioni politiche: una su tutte quella per presidente degli USA, durante la quale la mascherina è diventata un must identificativo.

Una pandemia determina quindi una crisi sociale oltre all’inevitabile patologia psicologica: il clima delle comunità è orientato in senso ansioso-depressivo per la conta quotidiana dei morti oltre che per la perdita del lavoro. Del contatto con gli altri. Delle abitudini. Anche delle abitudini nelle relazioni. La perdita, la manifestazione comune del lutto.

“Niente sarà più come prima” è stato il mantra ripetuto in ogni ambito, pubblico e privato. E fu vero.

In meno  di un anno è stato trovato un vaccino e altri sono in arrivo: il progresso in ambito sanitario ha fatto i proverbiali, passi da gigante.

Nonostante i miliardi stanziati, la crisi economica è stata tamponata con minor solerzia. Si stima che questa pandemia abbia portato alla perdita di almeno 500 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo (rapporto OXFAM aprile 2020). La reazione psicologica a questi improvvisi cambi di status sociale si sono concretizzate con manifestazioni di categorie di lavoratori che reclamavano il diritto all’esistenza,

Il solo ritardo nell’erogazione dei prestiti e fondi, come si è visto anche in Italia, ha motivato l’una o l’altra fazione politica ad accusare i rispettivi governi di inefficacia nel reagire all’epidemia. C’è da osservare che solo la Cina oltre a Tokio e Seul s stata in grado di fronteggiare la pandemia: nessun altro governo di nessun colore politico nel mondo è riuscita in questo.

Vittorio Emanuele Parsi, filosofo e politologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Roma in un’intervista, spiega la cosa facendo propria l’analisi del filosofo coreano Byung-Chul Han, per il quale “una delle ragioni del successo asiatico nella lotta alla pandemia è da rintracciarsi nel diverso bilanciamento che quelle società realizzano tra diritti individuali e responsabilità nei confronti del gruppo”. Byung si riferisce ai Paesi dell’Estremo Oriente (Giappone, Cina, Sud Corea, Singapore, Taiwan… e anche il Vietnam), e argomenta che “mentre nell’est del mondo la gerarchia tra spettanze individuali e bene pubblico è chiara, in Occidente il sistema liberale offre troppe scappatoie all’egoismo travestito da libertà e rende più individualmente costoso e meno immediatamente remunerativo l’altruismo sociale”. La cosa interessante è che Byung non imputa questo al liberalismo in sé, ma mette in evidenza che quando “il senso di appartenenza a una comunità si appanna o è fragile, quando il “noi” si indebolisce, il liberalismo facilita l’emergere di un “io” ipertrofico che tende a trasformare il diritto in privilegio”.

È un tema vecchio, quello del familismo come freno allo sviluppo, che è emerso sonoro in questa pandemia, quando ci si è dovuti confrontare con la sopravvivenza della specie. Non è prevalso il ‘noi’ e quell'Io ipertrofico si è industriato ad aggirare norme e regole e di ‘aggiustarne’ altre.

I mezzi a disposizione per contrastare l’epidemia sono sempre quelli dello scenario del Piano di cui sopra: sociali (dalle mascherine al divieto di assembramento fino al lockdown) e la sperimentazione di farmaci e vaccini, con epidemia in corso.

Le misure sociali di contrasto all’epidemia sono misure che rallentano la diffusione del virus, diminuendo così la pressione sui Pronto Soccorso, ma non modificano l‘incidenza della malattia.

I fisici si occupano dei numeri, di sistemi complessi e di modelli di crescita, questi strumenti che sono utilizzati per lo studio delle particelle atomiche e subatomiche, sono indicati anche per lo studio dell’evoluzione di una pandemia, basata su molte variabili di più numeri in relazione fra loro.  

Nel suo blog in cui, tra l’altro, richiede più dati sull’epidemia e l’offerta di una conoscenza necessaria ad elaborare da parte della massima istituzione scientifica italiana espone, con cognizione di causa i limiti dell’analisi dell’ISS e ne parla a ruota libera: l’evento pandemia è catastrofico per la popolazione, perché, come si è detto, impone il tema della perdita improvvisa di tante cose, non solo vite umane, ma più banalmente, abitudini, amicizie e conoscenze, il contatto fisico. Se invece lo si analizza, più prosaicamente ma più efficacemente, come particola misurabile che determina la variazione di parametri anch’essi misurabili, si ottiene un sistema complesso ma leggibile e interpretabile.

In Africa l’ultimo ceppo del virus della poliomielite che si trova in natura è stato eradicato in Africa. Raggiunta l’immunità di gregge e la scomparsa di un ceppo wild della polio.

 

Freud in Le masse e io (1921) osserva una continuità tra comportamento dell’individuo da solo e quando dà luogo a manifestazioni collettive. Per Freud, la massa risulta essere: «impulsiva, mutevole e irritabile. Ed è controllata quasi esclusivamente dall'inconscio».

E infatti come il trauma porta a una reazione individuale peculiare di ognuno, nella pandemia, è emerso il bello e il brutto anche in ogni settore: la solidarietà, per quanto sottopagata, di medici e infermieri; le falle dell’assistenza sanitaria nazionale che, nonostante le ‘regalie’ dei settori più redditizi privati e conseguente orientamento della politica sanitaria, si è meritata il pubblico plauso di giornali americani, dove, va detto, la salute è a pagamento: ti licenziano? fine    dell’assicurazione.

Come in ogni crisi (anche in questo, valgono le considerazioni per ogni malattia), alla caduta segue un periodo di rinascita: i figli delle pestilenze del 1400 furono i protagonisti del Rinascimento italiano; alla fine della seconda guerra mondiale seguì il boom economico e la conseguente espansione demografica, il cosiddetto baby boom.

Non è quindi sbagliato aspettarsi una reazione uguale e contraria dal ‘dopo pandemia’, la super-evocata ‘crescita’.

Nel mondo, Jair Bolsonaro in Brasile, Boris Johnson in Gran Bretagna, Donald Trump negli USA, Silvio Berlusconi in Italia e i negazionisti in genere, fanno riferimento alla parte destra politica; curiosa coincidenza? Non fa specie il fatto che siano stati contagiati, visto che aborriscono ogni sorta di cautela alla diffusione delle droplet.

I luoghi comuni sono di solito molto frequentati, diceva Ennio Flaiano; così il cliché dell’uomo di destra lo vuole superuomo, orgogliosamente provocatorio e impermeabile a qualsivoglia offesa – comprese quelle che non si sono ancora manifestate, tanatomane. Prevalgono in questi ambiti i complottismi ora la Cina accusa gli USA di aver creato artificiosamente il virus, ora è l’Iran, il primo focolaio mediorientale di COVID, ad accusare gli USA di aver creato il virus con sequenze geniche del popolo iraniano (sic!).

 

La fantasia al potere

Le teorie negazioniste vanno da quelle più semplici nella loro linearità (Iran, USA e Cina) a quelle che si pongono, rispetto alla malattia, in modo più ragionato e apparentemente acculturato (portando, ad esempio, l’immunità di gregge come obiettivo raggiungibile ‘naturalmente’) comunque tecnofobiche e paranoidi. Supponenti, perseguono e vantano le teorie più improbabili sull’insussistenza del virus o, comunque, o sull’‘origine umana’, manipolatoria della pandemia, senza mettere in conto il rischio a cui si espone il ricercatore che maneggia virus.

È comprensibile e tragica la scelta che si deve scegliere tra salute e lavoro: emergenza sociale o sanitaria? Senza soldi non è possibile pagare gli ospedali con macchinari, medici, tecnici e infermieri annessi. Né i trasporti, né la scuola né le pensioni. Ci viene in soccorso la comunità europea, con contributi che ci permettono di concentrarci sulla crescita economica e sull’organizzazione sanitaria.

D’altro canto, la salute è un parametro vincolante, per quanto concerne ogni progetto produttivo; quindi, serve un piano sanitario credibile sia per le epidemie che per la sorveglianza e prevenzione delle malattie.

L’economia deve funzionare, poiché senza soldi non si possono sostenere i costi di ospedali e personale, ma si sono visti concorsi per medici e infermieri specializzati andare deserti: e questo non è una novità.

La seconda ondata epidemica è svelata da un’impennata dei decessi e dei contagi, oltre che da un aumento delle aziende in crisi (49000 solo in Lombardia – fonte CGIL) e datata settembre 2020.

Si è dunque ripresentata, con maggior virulenza, nefasta e attesa, la stessa situazione di sei mesi fa, però più grave, come definito dai 21 punti che caratterizzano l’indice di contagio che automaticamente classifica in tre aree colorate secondo il grado di infezione e di risposta sanitaria. Una risposta non dettata da contrattazioni e fatta d’imperio, il cui senso è di limitare gli accessi ai Pronto Soccorso (e quindi liberare le terapie intensive) contenendo la diffusione interumana. Questo rimette in discussione le problematiche che non si sono risolte dopo la prima ondata.

Un economista osserva che Europa e BCE hanno fatto molto e che si punta sul fondo perduto e la rapidità di erogazione degli aiuti economici. Il condono del debito maturato in questa crisi è una via percorribile, secondo gli accademici.

Vedremo gli sviluppi e quando cosa farà il Comitato Tecnico Economico, caldeggiato dalla UE, che non lasci nulla di intentato e possa indicare come utilizzare al meglio un così cospicuo stanziamento di fondi.

Equità nella ripartizione dei fondi uniti a un disegno complessivo di rinascita condiviso potrebbe significare il cambiamento per questo Paese.

 

Cos’è cambiato

Siamo diventati migliori o peggiori? La reazione a una malattia è equiparabile a quella che scaturisce da un trauma e che porta inevitabilmente a sovvertimenti anche importanti nelle esistenze di ciascuno. Il contatto stretto e continuo con la morte, possibile nell’immediato, ha affermato in modo fin troppo chiaro la nostra finitezza. In virtù di questa ‘frequentazione’ avviene il cambiamento. Si fanno strada parole e comportamenti insoliti in quest’epoca, come l’umiltà, che ha portato a un certo riassestamento dei ruoli: così gli opinionisti hanno lasciato il posto agli scienziati e ai ‘tecnici’, che sanno ‘leggere’ l’epidemia e, attraverso i periodici report sanitari e sociali, prevedere i rimedi per far fronte alla crisi.

Spesso impropriamente, si parla di resilienza, assimilandolo a resistenza; ci si aspetta che grazie al sostanzioso Recovery fund next generation europeo si possano sanare antiche carenze infrastrutturali.

Libertà e responsabilità. Questa è la diarchia politica che domina questa fase: c’è chi nega che ci si aspettasse una seconda ondata epidemica, rivelando di non conoscere la storia delle epidemie note.

Molti adesso s’immaginano che seguirà un momento di creatività in espansione, come negli anni 50 nel mondo occidentale, già gravato dai postumi della guerra.

Per adesso emergono le criticità della società di massa: i trasporti, la scuola, i pronto soccorso. Ed è un bene.

Interessantissima l’analisi del fisico Giorgio Parisi, che svela il punto di vista di uno scienziato che interpreta i numeri dell’epidemia con il criterio del lettore dell’andamento di un oggetto, il virus e l’epidemia, che progredisce in base a più variabili: la crescita esponenziale dei casi rilevati significa che i positivi al tampone raddoppiano in un certo periodo, settimane o altro. In questo senso è evidente che stiamo assistendo a una crescita logaritmica dei contagi

 

Il tema di ogni pandemia, come di ogni malattia, è come rapportarsi con la morte, possibile, improvvisa, proditoria e ineluttabile. Questo tema è vissuto sia individualmente sia collettivamente in maniera più o meno composta.

Le reazioni della gente sono, infatti, le più varie: l’ultra80enne che, serafica, dichiara che le è andata bene: “toccava a me e l’ho scampata”. O le reazioni dei politici e dei tecnici, spesso scomposte poiché non usi a vedere decine di morti al giorno e forse inadatti al ruolo. Reazioni di difesa, secondo Melanie Klein.

Non è un problema di soldi (tra fondo perduto e prestiti siamo il paese europeo che ha avuto i maggiori finanziamenti per questa epidemia).

Né è un problema di leadership che, per quanto si dica, non è mancata. L’organizzazione è quella che è mancata.

Questo anche perché ogni fazione politica si è voluta attribuire il merito di ogni traguardo raggiunto, non conoscendo neppure i limiti economici dei progetti di cui parlano: la sensazione è che ora come nel XVIII secolo si annaspi per  cercare un rimedio per tutti gli insulti economici perpetrati, nel tempo, alle casse allora reali; adesso i soldi ci sono e non bisogna fare delle guerre per appropriarsi dell’oro che serva sanare le casse.

Tutto viene ideologizzato. Il vaccino – serve solo a ingrassare le case farmaceutiche o è un dono salvifico? Le mascherine – servono o non proteggono/fanno ammalare? Il divieto di assembramento – è una norma liberticida o serve a diminuire la diffusione? E via di questo passo.

In questo clima emergono gruppi di esasperati che attaccano il Campidoglio a Washington, Feste di follia collettiva con festa in piazza senza mascherina a Lucca.

E una crisi di governo in questo momento, è il segno dell’inadeguatezza dei nostri governanti a gestire situazioni di estrema gravità come quella attuale, sanitaria ed economica. Il trumpismo è una dimensione psicologica oltre che storica. Per questo, molte personalità simili emergono nei periodi di effervescenza psicosociale come questa, dettata da un invincibile infezione.

In questa condizione, ci si avvia a fronteggiare la terza ondata, questa volta annunciata e temuta da tutti.

Per la sanità sono stati stanziati 19,3 mld: un quarto di quanto è stato tagliato in questi ultimi 20 anni: vuoi vedere che piano piano si ricostruisce lo stato sociale.

 

 

Oggi, 14 gennaio, sono cominciate le indagini, e relative perquisizioni e sequestri, su ISS e Ministero della salute relativamente al piano pandemico 2017 che è risultato essere un ‘copi e incolla’ di quello pubblicato nel 2006.

 

FINE DELLA PRIMA ONDATA

Cosa è cambiato e cosa cambierà.

Questo è il mantra di cui si discute da quando è iniziata la fase 3 cioè dai primi di luglio 2020.

È cambiata l’aria del pianeta. Chi vive in città o in prossimità di grandi complessi industriali ne ha avuto piena contezza. Le immagini dal satellite rendono merito di questo: le nubi di polvere che affliggevano la pianura Padana come l’area di Pechino sono sparite dopo pochi giorni di lock down.

ttitQuello che non è cambiato è stato lo spirito gregario: ognuno secondo le sue possibilità, cucendo mascherine o portando da mangiare a chi lavorava in ospedale, edificio off limits per ovvi timori di contagio; tutti sono intervenuti perché il decorso della ‘malattia di tutti’ potesse evolversi nel modo migliore. E poi, c’è chi ha pagato con la vita, il bene di tutti.

Il lock-down, odiato ma foriero di nuovi adattamenti esistenziali: la patologia psicologica si è manifestata con la depressione, accolta ed elaborata nelle comunità familiari, riformatesi per l’occasione. Non sarebbe esaustivo parlarne qui, ma il sasso è gettato: il tema della morte, nonostante sia presente SEMPRE nella vita di ognuno, è il meno affrontato (o il più evitato?) nel dibattito. culturale occidentale e solo in rare occasioni celebrato (cfr. E. de Martino, Morte e pianto rituale, Premio Viareggio 1958). Il lockdown non ha effetti positivi, ma un coté bello e brutto insieme della convivenza forzata è stato la perdita dei freni inibitori della emotività, così, come si sono avute rivelazioni inattese di affettuosità familiare, d’altro canto, il telefono rosa di sostegno a chi subisce violenza in famiglia è squillato molte volte. Più del solito. In Africa sta andando peggio, come rivela un resoconto di Atlante della Treccani: http://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/Africa_cresce_pandemia_violenza_donne.html

La scuola, coi suoi riti trasferiti d’un tratto in videoconferenza, si è data un necessario colpo di reni tecnologico, dotandosi di stazioni informatiche che, oggi, se usate con criterio, possono davvero trasformare la didattica affiancando all’imprescindibile lezione in classe un repertorio di lezioni memorizzate in digitale, che potrebbero creare un archivio di ateneo o di istituto e che ne potrebbe divenire la storia.

Lo stato sociale, ritenuto un’utopia in molti paesi europei, forse atterriti dalla lontananza geografica di paesi del nord Europa come i paesi scandinavi dove questo si è realizzato, si riprende i suoi spazi e viene reclamato da tutti di fronte all’emergenza socio-sanitaria.

L’economista francese Thomas Piketty dice, in un’intervista a corriere.it: «Diseguaglianze mai così violente, è l’ora del coraggio. La crisi del coronavirus ha fatto emergere in modo ancora più evidente la violenza delle diseguaglianze, che esisteva anche prima ma si è approfondita. Di fronte alla malattia, siamo ancora più diseguali, c’è un problema di accesso alle cure, di tagli al sistema sanitario».

E ancora: «Dovremmo tornare a investire nel pubblico, nell’educazione, nelle pensioni, e in particolare nella sanità. I bisogni della sanità provocati dall’epidemia potrebbero portare a cambiamenti politici e ideologici più profondi. Penso, per esempio, alle istituzioni europee. È il momento di passare allo stadio superiore, a pensare al debito pubblico della zona euro e a mettere in comune i tassi di interesse».

 Angela Merkel, con l’Iniziativa franco-tedesca, ha rotto il tabù della messa in comune del  debito. «Finalmente - commenta Piketty - in questo modo la palla è adesso nel campo dei governi dei quattro più grandi Paesi dell’Unione Europea: Germania, Francia, Italia, Spagna».   Con le centinaia di miliardi che ci permetteranno di aggiornare la Sanità e orientare i servizi offerti. Con che criterio? Il criterio della ‘meritocrazia’, sostengono in molti, contrapponendola all’oligocrazia dei raccomandati.

«La meritocrazia tuttavia, nelle condizioni attuali, è una gara falsata – sostiene ancora Piketty a Sette - perché le condizioni di partenza non sono le stesse. Dobbiamo tornare a investire nella scuola, nell’università, nell’educazione pubblica, e permettere davvero al maggior numero di allievi di studiare e di formarsi in modo efficace. Poi potremo riparlare di meritocrazia».

I giovani e gli anziani sono, quindi, le categorie da curare nell’immediato: i giovani devono trovare posto nelle aziende e nelle università, che si devono adeguare alle esigenze dell’antropocene, l’era che stiamo attraversando caratterizzata dal dominio dell’uomo in quasi tutti gli ecosistemi del mondo.

Contemporaneamente, ci dobbiamo prendere cura degli anziani, falcidiati dal virus di quest’ultima epidemia; ci dobbiamo prendere cura di tante cose, a partire da quelle che ci riguardano personalmente. Cominciamo da lì e avremo il tanto atteso ed evocato cambiamento.

LA FASE 3

La fase pandemica 3 inizia il 3 giugno 2020, poiché si ritiene che il contagio sia sotto controllo e vi sia un ventaglio di trattamenti farmacologici e di interventi di rianimazione per affrontare ogni fatto acuto polmonare.

“L’attuazione della Fase 3 sancirebbe l’uscita dall’emergenza e il ripristino dell’assoluta normalità della vita lavorativa e sociale, della ricostruzione e del rilancio; solo in questo momento cadranno tutte restrizioni previste e le attività potranno riprendere con regolarità, mentre per il momento restano attive ancora molte norme di sicurezza”, recita il sito Money, oltre a pubblicare le quotazioni dei titoli di molti mercati ed economia per le famiglie.

Si è scoperto che la specificità del capitalismo italiano è il lavoro nero. In particolare quello dei lavoratori delle campagne, quasi sempre stranieri sfruttati all’inverosimile. Si è riusciti a disegnare più d’una possibile soluzione, si è comunque riusciti a quantificare il problema. Delle campagne. Poi ci sono i muratori, i posteggiatori, gli artigiani: tutti dotati di reddito d’emergenza più altri soldi che passano dal sindaco del comune. Soldi in parte proveniente dalla UE e in parte provenienti dallo Stato italiano, cioè dalle tasse, cioè dal lavoro che migliaia di persone hanno perso e dalle rispettive aziende che hanno chiuso.

Questa è la patologia sociale causata dalla pandemia. O macelleria sociale, come è stata definita da osservatori internazionali

La patologia psicologica che una pandemia determina, analogamente alla patologia maniaco depressiva, è di tipo depressivo fintanto che noi o i nostri cari siamo colpiti dal virus o dalla perdita del lavoro; dopodiché si aspetta una fase di euforia vuoi per lo scampato pericolo per il virus e per il lavoro o perché il sentire collettivo lo richiede.

Una donna ammette che la cosa che più l’ha sconfortata è stata la morte mai così vicina:. “Me la son vista lì!“. Caso più unico che raro, la morte temuta ed esorcizzata con musiche e canti, non è mai stata affrontata in modo così diretto: l’entusiasmo per lo scampato pericolo non viene celato.

Ognuno di noi si è dovuto confrontare con il limite imposto nel quale ci si è imbattuti e talora urtati con gli usi e costumi dei nostri compagni di lockdown. Mentre fuori si moriva. La morte come evento possibile è apparsa in televisione, come monito e come memento.

La tecnologia che si è evoluta sotto la pressione degli eventi, si è diffusa anche fuori degli ambiti della ricerca più avanzata e del trattamento dei dati.

Super computer che fanno miliardi di calcoli al secondo hanno reso possibile la mappatura del genoma del virus.

Ma questi stessi computer hanno cambiato il mondo delle relazioni. Ora si sperimenta il virtuale. Non si è più vincolati da orari e luoghi, ma accade tutto immediatamente, senza intoppi, salvo le normali occupazioni del vivere.

Tutto rimane e tutto si distrugge, nel mondo digitale.

La didattica a distanza è cresciuta su questa emergenza: immagino che, in futuro, che non sarà più possibile perdere una lezione.

Tutto sembra possibile. I politici non perdono l’occasione di parlare a vanvera.

I crimini diminuiscono, anche per effetto del lockdown: minori denunce? Può darsi: può anche voler dire che l’impatto sociale è stato minore.

Poi, si è stati portati a sottoporre il proprio stato mentale a stress improvvisi e catastrofici: le immagini di migliaia di bare tradote dai camion dell’esercito in forni di altre per la cremazione una sola provincia e relative i hanno inevitabilmente colpito ognuno. La morte ha un potere deflagrante per l’animo e l’umore da cui non ci si può sottrarre, neanche con l’indifferenza.

L’apocalissi culturale c’è stata, e non per tramite dell’uomo. Tutto si è fermato per mesi. Anche il mondo è un po’ più pulito. Qualcosa è già successo.

 

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Zangrillo (San Raffaele): «Il coronavirus clinicamente non esiste più». Ma il Consiglio superiore sanità: «Assoluto sconcerto»

COL SENNO DI POI

Dal 18 maggio 2020 inizia la anelata fase 2 della pandemia: la curva dei contagi è in calo, crescono gli asintomatici. Si può uscire di casa, rispettando il ‘distanziamento sociale’ e indossando una mascherina, All’orizzonte si annunciano più vaccini, uno per ogni approccio al problema, insieme a varie terapie che sono state provate su pazienti in emergenza, quindi di provata efficacia più i presidi anti droplet. Gli italiani sembra che accettino la mascherina e, a seguire, tutte le regole che normalizzano la vita in comune. La norma non viene messa in discussione, ci hanno già pensato altri a farlo e a trarre le conclusioni. Di fatto non tutti aderiscono alla fase 2: i previsti festeggiamenti non ci sono stati; solo gli addetti all’industria e i connessi uffici lavorano e si spostano, prevalentemente con mezzi propri. Code alla stazione metropolitana di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano.

La nerbata che la pandemia ha dato alla scienza è di considerevoli dimensioni: se vogliamo parlare di vaccini sono allo studio interventi molecolari su porzioni di RNA costituenti il virus; la somministrazione di virus inattivato mediante cerotto con micro-aghi, fatti interamente di glucosio e frammenti di proteina, che si dissolvono nell’epidermide.

Il poi è cominciato, tra la gioia di chi ha risentito di più per la forzata convivenza in spazi ridotti e riteneva che il lockdown dovesse terminare prima e i più timorosi del virus che continuano l’isolamento, per quanto possibile.

Col senno di poi, c’è da osservare che:

-       Si potevano isolare prima i focolai nel bergamasco e del bresciano, zone a più alta densità di popolazione e di industrie.

-       Il paese si è rivelato sollecito nel proporre adeguamenti strutturali fino al caso dell’ospedale d'improvviso all’ex Fiera di Milano che ha fornito, in poche settimane, letti di terapia intensiva più del fabbisogno, ma scollegati dalle altre specialità e alla fine rimasti per la gran parte vuoti. Un medico rianimatore assoldato per l’occasione ha detto, sarcastico, che ‘se avessimo dato un milione di euro ad ogni ricoverato avremmo risparmiato’.

-       Tutti i nodi economici, dalla tutela dei disoccupati come dei lavoratori ‘in nero’, sono venuti al pettine. Così come il freno burocratico dell’iter per ottenere i benefici si è palesato come inadeguato per le situazioni emergenziali e i politici assicurano che provvederanno quanto prima.


Scrive Gianni Crespi in un post su Facebook:…

E toccherà inevitabilmente all’Italia arrangiarsi da sola e in fretta.
E allora : 1) bond “patriottici” fruttiferi a lunghissima scadenza garantiti dai beni pubblici 2) taglio dell’IVA generalizzato al 50%
per un anno 3) fortissimi incentivi fiscali a chi investe nel capitale di rischio delle aziende. Tutto per tentare di compensare in 3-4 anni un calo di PIL da 200 miliardi di euro. Ma non basterebbe perché questo Stato ipertrofico non sta più in piedi, occorre investire sull’industria turistica e sui sistemi di export. Serve uno shock positivo gigantesco...

 

Questa è un’opinione di chi l’industria l’ha vissuta ed è quindi attendibile e condivisibile. L’aspetto economico prevale come atteso per sanare la patologia sociale dovuta agli effetti della pandemia.

 

L’unico programma per le pandemie reperibile in rete, probabilmente scritto in occasione dell’ultima epidemia di aviaria, spentasi nel 2003, ma obiettivamente valida anche per la pandemia di COVID19, afferma:

L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:

1. identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia.

2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia.

3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.

4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia.

5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media e il pubblico.

6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.

 

Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:

1. Migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica.

2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione).

3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi.

4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari e altri servizi essenziali.

5. Mettere a punto un piano di formazione.

6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione.

7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando e analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.

LA PANDEMIA

ovvero il destino comune

COVID-19

Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, le condizioni affinché si possa verificare una vera e propria pandemia sono tre:

  1. la comparsa di un nuovo agente patogeno;

  2. la capacità di tale agente di colpire gli umani;

  3. la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.

È il caso dell’epidemia di SARS-COVID19 in corso. In Italia, i primi due casi sono stati confermati il 30 gennaio 2020, quando due turisti provenienti dalla Cina sono risultati positivi al virus SARS-CoV-2 a Roma, anche se il primo caso 'indigeno' fu testato a Codogno il 19 febbraio e viene considerato il Paziente Zero..

L’OMS l’11 marzo 2020 dichiara che l'epidemia di coronavirus è una pandemia.


Ecco alcune domande che aiutano a comprendere il fenomeno pandemia:


1.    Quali sono state le patologie ad andamento pandemico sostenute da virus o batteri nel mondo?

Nel ventesimo secolo si sono verificate tre pandemie influenzali: nel 1918, 1957, e 1968, che sono identificate in base alla presunta area di origine: Spagnola, Asiatica e Hong Kong.

I virus coinvolti furono tre sottotipi dell’influenza A, rispettivamente: H1N1, H2N2, e H3N2.

Non classificate come pandemie, tre importanti epidemie si verificarono anche nel 1947, nel 1977 e nel 1976.

Le epidemie maggiori non mostrano una periodicità o caratteri prevedibili e differiscono l’una dall’altra.

Esistono prove scientifiche a favore dell’ipotesi che le vere pandemie, originino da riassorbimento genetico con il virus dell’influenza A degli animali. 


2.    Quali aspetti di esse sono prevedibili dagli istituti matematici o statistici?

Il modello matematico utilizzato per lo studio ha simulato tre scenari diversi. Uno “leggero” (dove si ammala il 21% della popolazione), uno “moderato” (si ammala il 31% della popolazione) e uno “grave” (si ammala il 39% della popolazione). L’adozione di questi diversi scenari di diffusione è utile per calcolare i termini della pandemia tenendo conto delle variabili legate aa essa stessa pandemia.

Le misure di contenimento oggi applicate sono indicate nel Piano nazionale pandemico che, se utilizzate singolarmente hanno dei limiti: quelle di tipo medico. che risentono della disponibilità di farmaci e vaccini nelle dosi disponibili, quelle che limitano il contatto tra persone che rallentano la diffusione ma non modificano l’incidenza della malattia.


3.    Sono state notate deviazioni dagli standard attesi di eventi speciali, come suicidi, eventi criminosi o altro?

I crimini diminuiscono; la paura è un sentimento comune e si può arrivare anche alla costituzione di criminali.

I suicidi, economici o per diretta motivazione, non si modificano nel trend che, in Italia è di 10 al giorno, Poi ci sono suicidi manifesti nella loro drammaticità come quello del ministro delle Finanze dell’Assia Thomas Schaefer: che «Era assillato dall’avanzata del virus»,

La depressione può trovare nell’umana paura della fine del mondo, che altro non è che la morte mitizzata, un ulteriore motivo di amplificazione.

La tendenza all’accaparramento di cibo o beni di consumo è un fatto comune in queste occasioni non solo in Italia.

Meno solito è il cantare o battere le mani tutti insieme e a orari stabiliti. Sono solo gesti scaramantici o di esorcismo? Penso al tarantismo pugliese, rito collettivo di guarigione; la musica ha sempre avuto un ruolo dei riti magici di guarigione e nasce come lamentazione funebre.

L’intervista all’etnomusicologo Roberto Leydi, citata tra le fonti, ci parla di un uso ancestrale della musica e delle percussioni come strumento d’occasione e il canto che si accompagna a esso.

È facile il riemergere di sentimenti arcaici e di relativi comportamenti con cui si tenta di riappropriarsi della storia con riti che a molti possono apparire offensivi e inadeguati al lutto.

 

4.    La costante coesistenza con il lutto è l’aspetto dominante delle catastrofi naturali. Quali modi di elaborazione collettiva del lutto sono quelli osservati nella pandemia da COVID-19?

La religione occupa una posizione dominante (Messe quotidiane trasmesse in TV) e non a caso, se consideriamo l’evidenza che gli indicatori di salute sono migliori nelle comunità in cui la fede religiosa è più presente.

 

5.    Gli effetti psicologici e comportamentali collettivi sono da ascriversi a quale aspetto della personalità? 

Possiamo considerare frequenti un sentimento depressivo,  implicito nella malattia in sé, con le relative modalità reattive, come la dislocazione altrove dell’origine della pandemia (la Cina, Codogno o la Germania) o antisociale, i femminicidi scatenati dalla convivenza forzata.

L’aspetto economico è trattato con riguardo dai nostri amministratori ed effettivamente è necessario perché, a catena, tutte le attività risentono e dei provvedimenti governativi di lockdown e dell’impoverimento generale per il minor gettito fiscale, quindi minori spese per le infrastrutture, tra cui medici e ospedali poi pensioni, trasporti etc.. Tuttavia, non è un abiura della salute alla malattia, poiché l’aspetto economico si adegua alle risorse messe in campo per fronteggiare la pandemia: si parla di centinaia di miliardi di euro a fronte di milioni. di infettati e migliaia di morti ogni giorno nel mondo.

C’è chi dice che sono numeri risibili, considerata la portata mondiale dell’infezione. Va considerato che questa avviene in poco tempo e per una causa infettiva accertata.

 

6.    La guarigione dalla malattia o la fine dell’epidemia portano a miglioramenti nel campo biomedico e tecnologico. C’è un côté psicologico collettivo?

L’attesa della fine dell’epidemia, come per ogni malattia, porta a uno straordinario vissuto di attesa di una ‘nuova normalità’. Come in una metarappresentazione della psicosi maniaco-depressiva, che è evidente in tutti gli eventi luttuosi (cfr. Ernesto de Martino), alla depressione per il cordoglio cui segue la mania del banchetto rituale dopo il funerale, comune a molte culture europee e che riproduce l’elaborazione del lutto. Esiste una percezione di fine del mondo che è un sentiment che spesso la popolazione spesso non sa o non vuole esprimere.

L’epidemia di malattie infettive è propria delle grandi aggregazioni umane, come dimostrano anche i recenti ritrovamenti archeologici. Sappiamo dalla Bibbia che ve ne furono anche nell’antichità, mandate dal buon Dio per farci espiare alcuni peccati. La colpa - questa volta per avere abusato dell’ambiente, è così abbinata alle tracimazioni naturali.

In Giappone, fedeli alla linea ben espressa nel film di Kurosawa, tacciono la diagnosi critica al malato e in questo caso non fanno i test né comunicano la reale entità dell’epidemia di Coronavirus.

1 GIUGNO 2020

Zangrillo (San Raffaele): «Il coronavirus clinicamente non esiste più». Ma il Consiglio superiore sanità: «Assoluto sconcerto»

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